Vedere con occhi nuovi
12 agosto 2024
Mt 16,1-12
In quel tempo1 i farisei e i sadducei si avvicinarono a Gesù per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. 2Ma egli rispose loro: «Quando si fa sera, voi dite: «Bel tempo, perché il cielo rosseggia»; 3e al mattino: «Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo». Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? 4Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona». Li lasciò e se ne andò.
5Nel passare all'altra riva, i discepoli avevano dimenticato di prendere del pane. 6Gesù disse loro: «Fate attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei». 7Ma essi parlavano tra loro e dicevano: «Non abbiamo preso del pane!». 8Gesù se ne accorse e disse: «Gente di poca fede, perché andate dicendo tra voi che non avete pane? 9Non capite ancora e non ricordate i cinque pani per i cinquemila, e quante ceste avete portato via? 10E neppure i sette pani per i quattromila, e quante sporte avete raccolto? 11Come mai non capite che non vi parlavo di pane? Guardatevi invece dal lievito dei farisei e dei sadducei». 12Allora essi compresero che egli non aveva detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall'insegnamento dei farisei e dei sadducei.
Ci sono diverse tonalità di contesto nel brano che preghiamo oggi. Un primo clima nel quale Gesù si trova coinvolto è un clima di sospetto. I farisei e i sadducei vogliono proprio mettere alla prova Gesù e chiedono un “segno dal cielo”. Questa specifica di Matteo che il segno deve venire “dal cielo” è interessante: i farisei e i sadducei sono in cerca dello spettacolare, del maestoso, del segno inequivocabile che viene dal cielo. Sono disposti a credere solo dopo aver assistito ad uno spettacolo rendendo Gesù il burattino di una esibizione.
Matteo ha una grande capacità di giocare con ironia e la risposta di Gesù riguarda proprio il cielo. Gesù ribatte facendo proprio due esempi di lettura di un segno: in questo caso l’arrossarsi del cielo (in greco pyrrazō, lo stesso termine è utilizzato in tutte e due gli episodi atmosferici). Quindi utilizzando lo stesso termine Gesù vuole sottolineare che il segno è lo stesso, il cielo che rosseggia, ma il cambio di contesto fa trarre alle persone deduzioni diverse. Quindi, sempre con ironia Gesù chiede conto a farisei e sadducei della loro capacità di saper leggere le situazioni. Sapete già “leggere il cielo”, quindi non c’è bisogno di un segno, allo stesso tempo i segni che avete già visto non vi sono bastati.
Pochi versetti prima Gesù ha guarito zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati (cf. Mt 15,30) e ha sfamato quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini (cf. Mt 15,38). Gesù ha portato consolazione attraverso la guarigione e sostentamento attraverso il pane moltiplicato: di quale altro segno hanno bisogno?
Per Gesù la questione è saper discernere i segni. Farisei e sadducei guardano, ma non vedono. Non basta guardare Gesù e quello che fa, bisogna vedere con occhi nuovi il regno che nasce sotto il nostro sguardo: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19a). Sapete cogliere il rossore del cielo e questo germoglio del regno non riuscite a vederlo?
A questo punto Gesù ribadisce che l’unico segno sarà quello di Giona. Matteo non lo specifica perchè sa che il lettore del vangelo aveva già incontrato la spiegazione di questo segno al capitolo 12: “Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (cf Mt 12, 38-42).
Avendo compreso che il dialogo al momento è difficile Gesù lascia lì farisei e sadducei e se ne va. I segni li hanno visti, lui glieli ha ricordati, non c’è più bisogno di parole, se vorranno comprendere, comprenderanno.
Il clima cambia e dal sospetto si passa all’incomprensione. Anche in questo caso Matteo gioca con ironia. Ci troviamo di fronte a un dialogo da commedia degli equivoci, uno schema tipico del teatro greco e romano. In questo caso gli interlocutori pur utilizzando le stesse parole intendono cose del tutto diverse. Al centro della discussione dei discepoli c’è il pane. Il pane è il filo conduttore di alcuni episodi che precedono questo dialogo.
Un pezzo di pane è al centro della similitudine che collega Gesù alla donna cananea (cf Mt 15,21-28). In questo caso Gesù sembra quasi comportarsi come i farisei e i sadducei: c’è una legge da rispettare, non si può dare il pane a tutti! La donna, utilizzando la stessa metafora di Gesù, gli ricorda che la misericordia del Signore è più grande della legge e che lei può accontentarsi delle briciole (c’è molto da imparare da questa donna). Il pane è al centro dell'episodio della moltiplicazione di Mt 15,32-39, proprio il brano che ci precede. I discepoli si sono fermati al pezzo di pane e, quando sentono parlare Gesù del lievito, pensano che li stia rimproverando di esserselo dimenticato. Gesù richiama la loro fede, così come ha fatto con farisei e sadducei, dice: “Non capite ancora?”.
Anche in questo caso Gesù li richiama a vedere e non a fermarsi a guardare. Hanno assistito alla moltiplicazione dei pani e hanno ancora paura del loro sostentamento. Di quello non devono avere paura “perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (cf. Mt 6,8). Quello a cui devono fare attenzione è il lievito dei farisei e dei sadducei. Il lievito ha una forza strepitosa che stupisce chiunque lo utilizzi. Ha una capacità di trasformazione così forte che Gesù lo utilizza come metafora per il Regno: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata» ( Mt 13,33).
Ma l’insegnamento (didachē in greco) che bisogna ascoltare deve essere quello del maestro e non quello sospettoso di farisei e sadducei. Le parole dell’insegnamento di Gesù sono come il lievito che dentro di noi fa crescere il regno. “Fate attenzione a come e cosa ascoltate”, da questo dipende ciò che trasforma (fa lievitare) il nostro cuore.
fratel Elia