Voglio che le cose siano così
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di Rubem Alves
Babette imparò a cucinare il genere di cibo che esse erano solite mangiare: pane, pesce, latte, in tutte le combinazioni possibili. Per quattordici anni svolse il suo lavoro fedelmente. Ma non dimenticò il suo paese. Rimaneva un legame, un legame molto improbabile, quasi impercettibile: un amico, che ogni anno le comperava un biglietto della lotteria...
Venne il momento di festeggiare il centenario della nascita del pastore. La comunità pensò che ben si adattasse a quest’occasione un pasto frugale. Anche i pasti celesti sono frugali, d’altra parte, giacché vengono servite solo cose spirituali.
Fu così che un giorno, mentre Babette era intenta a sbrigare le sue faccende in cucina, arrivò la posta, tra cui una lettera per lei. Gliela portarono le due sorelle e stettero dinanzi a lei a fissarla. In pochi secondi Babette mostrò loro il contenuto della lettera recapitatale: un assegno. Aveva vinto alla lotteria. E d’un tratto le due sorelle capirono di aver perduto Babette. Sarebbero state di nuovo sole...
“Non vi ho mai chiesto nulla”, disse Babette. “Questa sarà la mia prima richiesta: desidero preparare il pasto per il centenario di vostro padre alla maniera francese...”.
E dal momento che non si può negare la prima e l’ultima richiesta di chi sta per partire, esse acconsentirono.
In tutti quegli anni di cibo celestiale Babette non aveva dimenticato i suoi sogni. È come se, in quei quattordici anni, Babette si fosse nutrita di un cibo che non si trovava nel villaggio: un cibo assente, i suoi sogni.
Nel suo corpo ardeva un fuoco diverso. E adesso era giunto il momento: i suoi sogni si sarebbero avverati.
La materia prima sarebbe giunta da lontano. Si mise in viaggio per raggiungere la città distante dove ordinare la merce.
Adesso poteva farlo: era avvenuto casualmente e le era stato concesso. Disponeva di denaro e aveva la possibilità di farlo... In passato era solita dire: “Le cose stan così...”; adesso poteva dire: “Voglio che siano così!”.
I suoi sogni stavano per realizzarsi. L’intero villaggio rimase esterrefatto dinanzi alla processione di persone che affluivano portando con sé merci di paesi sconosciuti: confezioni di ogni genere, uccelli in gabbia e persino una gigantesca tartaruga viva.
E sapevano che non avrebbero mangiato il solito cibo...
Le sorelle erano spaventate. Questo pranzo avrebbe forse sovvertito tutto ciò in cui credevano fermamente? (la narrazione continua nei prossimi giorni)
tratto da Parole da mangiare, Edizioni Qiqajon