Indirizzo di saluto di Fr. Enzo Bianchi, Priore di Bose


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Discorso di accoglienza per il Patriarca Ecumenico Bartholomeos
Discorso di accoglienza per il Patriarca Ecumenico Bartholomeos
DISCORSO DI ACCOGLIENZA 
PER IL PATRIARCA ECUMENICO BARTHOLOMEOS 
PRESSO LA FRATERNITÀ DI BOSE A CELLOLE

Pieve di Cellole, lunedì 26 ottobre 2015

Santità amatissima,
Venerabili Metropoliti Apòstolos di Dèrchon e Ghennadios d’Italia e Malta,
Amato vescovo Alberto Silvani, ordinario di questa diocesi di Volterra,
Amati vescovi e arcivescovi delle altre diocesi di questa amata terra di Toscana,
Reverendi padri,
Amici ed ospiti.

È con il cuore colmo di gioia profonda che ancora una volta la accogliamo tra di noi nel giorno in cui le Chiese ortodosse ricordano il grande santo martire Demetrio di Tessalonica, un santo comune alla Chiesa cattolica (che lo ricorda il 9 aprile) – e anche un santo che noi sappiamo a Lei molto caro, poiché è proprio il suo nome che Lei ha ricevuto con il santo battesimo e che ha portato per più di vent’anni, fino alla sua ordinazione diaconale.

Desidero cogliere anche l’occasione per ricordare l’amato patriarca Dimitrios – di cui Lei ha raccolto l’eredità patriarcale – uomo buono e mite, che già tanti anni fa dimostrò nei miei confronti e della nostra piccola comunità uguale benevolenza e amore: il Signore gli conceda un giusto riposo nel suo Regno!

Santità, accogliendola oggi qui tra noi a Cellole ricordiamo con gratitudine la sua ultima visita al nostro monastero di Bose, risalente a soli due anni fa, il 15 maggio 2013, a pochi mesi dall’elezione di papa Francesco a vescovo di Roma.

Nel tempo trascorso da allora abbiamo avuto altre occasioni per incontrarci personalmente a Roma, ma soprattutto vorrei rassicurarla che, come comunità, abbiamo continuato a riservare una viva e partecipe attenzione alle molteplici attività in cui si esplica il suo ministero patriarcale, un infaticabile lavoro di “costruzione di ponti”, proprio in un momento storico in cui le tendenze alla divisione e alla frammentazione sembrano prevalere dappertutto e a ogni livello.

Come Lei giustamente ha ricordato in un recente discorso: “Mai prima d’ora nella storia gli esseri umani hanno avuto l’opportunità di procurare così tanti cambiamenti a così tante persone e alla comunità globale semplicemente grazie all’incontro e al dialogo. Anche se può essere vero che quello che viviamo è un tempo di crisi, bisogna ugualmente sottolineare che non ci sono mai state come ora tante occasioni di comunicazione, di cooperazione e di dialogo!”.

Dal suo predecessore, l’amato patriarca Athenagoras, lei ha ereditato la convinzione che non vi sia metodo migliore per risolvere i conflitti e le tensioni dell’incontrarsi di persona guardandosi semplicemente in faccia, occhio contro occhio. Il suo motto era: “Venite, guardiamoci negli occhi!”. Solo così le barriere e le chiusure possono cadere: quando l’uomo contempla l’immagine di Dio nel volto umano del suo fratello. È con questo stesso stile che negli ultimi anni La abbiamo vista proseguire con convinzione il cammino del dialogo ecumenico, in particolare con la Chiesa cattolica dell’Antica Roma.

Lungo questo cammino Lei ha trovato un compagno e fratello animato dai suoi stessi sentimenti proprio nell’attuale vescovo di Roma. Grande è stata la nostra emozione in questi ultimi anni nel sentir risuonare sulla sua bocca, Santità, l’espressione “il nostro fratello Francesco” e su quella del papa “il nostro fratello Bartolomeo”. Si riproduce ancora davanti ai nostri occhi l’immagine dei due fratelli apostoli Pietro e Andrea stretti nel santo abbraccio di carità, come nella celebre icona che fu donata dal patriarca Athenagoras al papa Paolo VI in occasione dell’incontro di Gerusalemme nel 1964, e che da allora è diventata il simbolo del dialogo della carità che è iniziato tra le nostre chiese.

Questa fraternità di linguaggio e di gesti, oltre che negli incontri di Roma, Gerusalemme e Istanbul, ha trovato la più solenne consacrazione all’inizio dell’ultima enciclica papale Laudato Si’, in cui papa Francesco ha reso un doveroso omaggio alla sua lunga attività nell’ambito della protezione e custodia della creazione riferendosi alla sua persona come “al caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo, con il quale condividiamo la speranza della piena comunione ecclesiale” (Laudato Si’ 8). Non c’era forse mai stata fino ad ora nella storia una tale fraternità, intimità e carità visibile tra i capi delle due sedi maggiori dell’ecumene cristiana! Per dirla con le parole del martire Ignazio il Teoforo: “Nella vostra concordia e nella vostra armoniosa carità è cantato Gesù Cristo” (Agli Efesini 4,1). Siamo convinti che questa carità non sia soltanto una espressione esteriore e verbale: piuttosto si radica in una comunione di sentimenti e di convinzioni profonde, che a sua volta trovano alimento nella fonte comune del vangelo di Gesù Cristo. Del resto, è proprio per restare fedeli al comune vangelo che Lei e il vescovo di Roma Francesco state adempiendo lo stesso ministero di comunione, lo stesso ministero di “presidenza nella carità”, nelle vostre rispettive chiese. Tutto questo ravviva le nostre speranze e ci colma di gioia.

È proprio per sottolineare questa fraterna sintonia tra le due sedi apostoliche che, a pochi mesi dall’uscita dell’enciclica di papa Francesco sulla “cura della casa comune”, abbiamo voluto pubblicare in italiano una raccolta degli scritti e dei discorsi da Lei tenuti su questo stesso tema negli ultimi anni. È questo piccolo libro – che abbiamo voluto intitolare Nostra madre terra – che ora sono felice di presentarle e di donarle, in questa felice occasione. Nel leggere queste dense pagine è sorprendente constatare l’intimo accordo di pensiero e di sentire che esiste tra voi, e che noi speriamo possa portare frutti abbondanti anche ad altri livelli, al di là cioè dell’ambito della cura del creato.

In questo momento noi guardiamo soprattutto con vivo interesse e trepidazione ai lavori di preparazione dell’imminente Sinodo pan-ortodosso, da lei convocato a Costantinopoli per il prossimo anno 2016, che sarà certamente un’occasione importantissima per far crescere la comunione tra le chiese ortodosse, anche (ma non solo) in vista di un rafforzamento del dialogo comune con gli altri cristiani.

Anche in questo ambito noi restiamo ammirati al vedere la fermezza, la perseveranza e la fede con cui Lei continua da anni a perseguire questo santo proposito, che i già ricordati patriarchi ecumenici suoi predecessori, Athenagoras e Dimitrios, hanno a lungo perseguito senza purtroppo poterlo vedere realizzato, e che molti “profeti di sventura” – per usare un’espressione cara a papa Giovanni – hanno ritenuto e continuano ohimè a ritenere irrealizzabile e utopico.

Santità, noi non siamo tra questi né vogliamo esserlo.

Il nostro intimo desiderio, il nostro augurio fraterno e la nostra intensa preghiera è che il Signore possa portare a termine ciò che ha iniziato – anche attraverso di Lei – e che il sinodo pan-ortodosso riunito e celebrato a Costantinopoli il prossimo anno possa dare a tutte le chiese cristiane e al mondo intero una vera testimonianza di unità, di comunione e di carità fraterna, al di là di ogni discordia e divisione. È questa una vera responsabilità che come cristiani abbiamo nei confronti di tutti i nostri fratelli; e noi guardiamo anche a Lei e alla sua Chiesa per essere confermati in questo comune impegno, per continuare a credere che l’unità richiestaci dal vangelo è ancora possibile.

La presenza numerosa oggi in questa nostra pieve di vescovi, presbiteri e fedeli di queste chiese locali della Toscana è certamente espressione dell’interesse, del calore e della speranza sincera con cui molti all’interno della Chiesa cattolica, insieme con noi, guardano alla sua persona e alla sua quotidiana martyría di comunione!

Con gioia dunque, dopo averla accolta più volte a Bose e una volta anche nella nostra fraternità di Assisi, la accogliamo oggi in questa nostra piccola fraternità monastica, sorta appena due anni fa attorno a questa antica Pieve carica di storia e di bellezza, dedicata all’Assunzione di Maria. Tra queste mura, che risalgono ai primi secoli del secondo millennio, molti semplici cristiani di questa terra toscana si sono raccolti lungo i secoli per innalzare comuni lodi e suppliche al nostro Signore. Di qui passavano – e tuttora passano – i numerosi pellegrini in cammino verso Roma lungo la “Via francigena”. E mi è gradito anche ricordare che in un periodo della sua storia la Pieve di Cellole fu anche sede di un lebbrosario, con la presenza di una comunità monastica di uomini e donne che viveva al servizio dei lebbrosi: tra le tante persone anonime che dedicarono la loro vita a questo servizio ci è nota dalle cronache la figura del Beato Bartolo (nome che – lo ricordo – non è che una variante locale del nome Bartolomeo).

Lasciandoci ispirare da questa singolare figura di santità vorremmo cercare di fare di questo luogo, in cui il Signore ci ha chiamati a vivere e a pregare insieme, un luogo in cui poter accogliere tutti, soprattutto i più poveri e i più feriti dalla vita, possano trovare conforto, ascolto, riconoscimento.

Sicuri di incontrare la sua comprensione e la sua sensibilità, le chiediamo di benedire e di sostenere con le sue preghiere paterne quest’umile opera da noi appena iniziata!

Da parte nostra le assicuriamo la nostra fedele vicinanza nella preghiera e nell’intercessione: il Signore buono e amico degli uomini la custodisca ancora per lunghi anni alla guida della sua chiesa e il suo ministero patriarcale sia ancora ricco di frutti abbondanti!

26 ottobre 2015, Visita del Patriarca Bartholomeos alla Pieve di Cellole