Sale della terra e luce del mondo


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Foto di jean wimmerlin su Unsplash
Foto di jean wimmerlin su Unsplash

21 febbraio 2024

Mt 5,13-19

In quel tempo vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. 17Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. 18In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. 19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.


“Voi siete il sale della terra”. Come sempre nei Vangeli, Gesù – che pure chiama, cura e guarisce prestando attenzione a ogni singola persona – quando insegna come vivere secondo la volontà del Padre si rivolge alla comunità: insieme siete sale e luce, insieme siete beati: insieme a me, ma anche insieme tra voi!

Sale, dunque, che dà sapore ma anche “sapere”, sapienza; sale che rende sapida, ricca di gusto e di senso ogni cosa, ogni realtà alla quale viene mescolato; sale che conserva, che impedisce il deperimento organico e l’intontimento spirituale. Ma anche, e forse proprio per queste caratteristiche, sale segno e pegno dell’alleanza, delle relazioni tra ogni essere umano e Dio, tra l’umanità e il suo Creatore.

E il brano odierno è costruito attorno a questa alleanza in cui i discepoli di Gesù svolgono la funzione sacerdotale della mediazione, dell’apertura di vie di dialogo, di comunione, di salvezza tra Dio e i loro fratelli e sorelle in umanità. 

Ogni elemento infatti è qui abbinato al suo interlocutore, all’ambito in cui è destinato ad agire, a produrre frutti, a manifestare effetti. Il sale, la terra e gli umani che devono ricevere sapore; la luce e il cosmo che senza di essa ripiomba nel caos del buio vuoto e informe; la città, la montagna e coloro che ad essa guardano forse come rifugio o come punto di riferimento nel vagare nebbioso e insicuro della pianura; ancora la luce – quella umile di una lampada – il moggio, il lucerniere e coloro che abitano la casa e che, senza luce, non avrebbero volto, sarebbero estranei, forse ostili, gli uni per le altre; e poi ancora la luce – quella “del mondo”, che è Cristo e che siamo noi, insieme tra noi e con lui e in lui – il volto degli umani che egli ama e le nostre “opere belle” (in quanto riflesso della luce di Cristo) e capaci di non trattenere lo sguardo su di sé, ma di indirizzarlo al Padre che è nei cieli, nella gratitudine della santificazione del Nome.

È un evangelo, una buona notizia che ci parla di relazioni: narra del nostro rapporto con Cristo (è l’unico brano in cui ai discepoli è dato lo stesso nome del Maestro: luce del mondo) del nostro rapporto con gli altri e del loro e nostro rapporto con il Padre celeste, il datore di ogni vita e del senso, del sapore, del gusto di ogni esistenza.

Se cogliamo questo legame indissolubile che ci unisce a Dio e ai nostri fratelli e sorelle in umanità, se conformiamo il nostro pensare e il nostro operare ai sentimenti di Cristo, allora capiamo anche come l’esortazione di Gesù sfoci nella gloria resa al Padre, abbia il suo vertice proprio nelle parole che aprono la preghiera che egli stesso ci ha insegnato.

Se il sale che siamo noi come comunità cristiana non perde il suo sapore che è Cristo, se la luce che siamo noi discepoli riflette la luce che è Cristo, se le nostre opere sono belle perché conformi al “più bello tra i figli dell’uomo”, allora avremo dilatato la comunione a dimensioni cosmiche e insieme all’umanità intera potremo dire: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo Nome”.

fratel Guido


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