Invitati, traditori, amati
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28 marzo 2024
Mc 14,12-21
In quel tempo 12il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: «Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?». 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l'altro: «Sono forse io?». 20Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo, dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!».
Sulla soglia del grande triduo santo, giorni in cui, accompagnati dalle liturgie, rivivremo il grande mistero della passione, morte e resurrezione del Signore Gesù, prima di immergerci nella luminosità della grande cena, questa mattina siamo messi ancora una volta di fronte all’incomprensione, ai dubbi, dei discepoli, del discepolo che è ciascuno di noi.
È il momento dei preparativi perché Gesù “possa mangiare la pasqua” (v. 12). È la sua “ora” (come vi si riferisce l’evangelista Giovanni): l’ora in cui il Figlio dell’uomo vivrà il suo passaggio alla vita libera dal potere della morte, e lo vivrà proprio attraversando, affrontando e vincendo quella stessa morte. Gesù è sicuramente il protagonista di questi ultimi eventi: tutto avviene come egli descrive, i discepoli trovano esattamente come Gesù annuncia (cf. vv. 13-16).
Ma nelle parole di Gesù c’è anche un noi: “Perché io possa mangiare la pasqua con i miei discepoli” (v. 14), “lì preparate la cena per noi” (v. 15). Gesù sta per vivere la sua passione, il suo passaggio pasquale attraverso una morte violenta, ferito non solo nel corpo ma anche nelle sue relazioni, tradito, rinnegato, “come sta scritto di lui” (v. 21).
È la sua pasqua, assunta e vissuta nella dimensione del dono e resa comprensibile per noi, uomini e donne di ogni luogo e di ogni tempo, nel pane spezzato e condiviso. Ed è proprio in quel pane e vino condivisi che Gesù apre la sua pasqua al “noi”: nel dono della sua vita significato dal pane e dal vino eucaristici, dono della vita per la vita di tutti, egli ci trascina nel suo passaggio alla libertà, apre anche per noi la via della resurrezione, della liberazione da ogni schiavitù che ci opprime. A ogni eucaristia noi siamo partecipi della sua pasqua, che diviene la nostra pasqua per la vita.
Ammutoliti, ancora una volta, di fronte alla follia dell’amore, ecco che la pagina evangelica rivela anche tutta l’incapacità degli esseri umani di comprenderlo. Gesù raggiunge il luogo preparato con “i dodici” (v. 17): è circondato dagli amici più intimi, dai suoi affetti, con cui ha condiviso il suo crescere come Figlio. Attorno a quella tavola i dodici ricevono il pane e il vino della pasqua, e proprio tra quei dodici invitati, “uno di voi … mi tradirà” (v. 18). Gesù è l’orante del salmo che canta: “Anche il mio amico di cui mi fidavo / anche lui che mangiava con me lo stesso pane, / adesso alza contro di me il suo calcagno” (Sal 41,10).
“Uno di voi”, Gesù non lo nomina, e con questa affermazione provoca tutti a mettersi in discussione, non c’è garanzia di non tradire! E infatti tutti sono abitati dal dubbio: “Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: ‘Sono forse io?’” (v. 19). Nessuno che si sia alzato e con decisione e forza abbia potuto affermare la sua innocenza! Il tradimento è al cuore del gruppo degli amici intimi, di coloro che sono stati invitati a preparare la cena della pasqua del Signore.
Il tradimento è paradosso perché allo “stare con lui” (cf. Mc 3,14) al quale questi uomini erano stati chiamati, contrappone il “consegnare” (paradídomai, verbo della passione), la separazione più assoluta. La chiamata di Gesù è ingiustificabile: il traditore è lì, è attorno a quella tavola della pasqua del Signore, sono quei dodici che ricevono il pane e il vino della pasqua. Siamo noi che siamo invitati a quella stessa tavola, noi chiamati a prepararla e a prendervi parte per la nostra salvezza, noi possibili traditori, rinnegatori, noi in fuga di fronte alla sua croce. Ma proprio a noi Gesù dirà: “Prendete, questo è il mio corpo per voi” (Mc 14,22), follia di un amore senza misura.
sorella Elisa
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