Gesù sconfina
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27 giugno 2024
Mt 4,12-16
In quel tempo12quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
16Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta.
Gesù, battezzato nel Giordano, spinto nel deserto e tentato da Satana, ora prende una decisione in prima persona: “Quando seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nazaret e andò ad abitare a Cafarnao” (vv. 12-13). Siamo di fronte a pochi versetti, che potrebbero sembrarci un po’ aridi, un semplice elenco di spostamenti. Eppure, attraverso questo breve elenco di informazioni geografiche per poter collocare Gesù dopo gli episodi iniziali della sua vita, noi riceviamo una parola significativa ed essenziale su Gesù e sul Dio che egli è venuto ad annunciare. Una parola che è nuova ma viene da lontano.
È la parola che Dio non ha mai fatto mancare al suo popolo, la parola dei profeti, del profeta Giovanni che ora “era stato arrestato” (v. 12). L’evangelista Matteo sottolinea questo passaggio di testimone, la trasmissione che avviene tra Giovanni, colui che è il precursore, e Gesù, “colui che viene dopo di lui” (cf. Mt 3,11). Giovanni inizia la sua presenza nel deserto con queste parole: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!” (Mt 3,2), e proprio queste saranno anche le prime parole pronunciate da Gesù (cf. v. 17).
Gesù è la continuità senza interruzione della parola di Dio, continuamente donata al suo popolo, attraverso i profeti, fino a Giovanni e ora Gesù. Ma in lui vi è anche di più, egli è il compimento di quella parola-promessa: “Perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: “ … il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta” (v. 16).
Gesù non è solo la continuità della parola nel tempo, ma è anche la sua diffusione senza limiti e barriere nello spazio. Le indicazioni geografiche che l’evangelista ci fornisce sono importanti perché ci presentano un Gesù che sconfina. Gesù non si può rinchiudere all’interno di steccati costruiti da noi, secondo le nostre idee e i nostri pensieri. Egli è libero e sceglie di muoversi, di spostarsi in un’altra regione, dal villaggio di Nazaret alla città di Cafarnao. Si rende migrante, si trasferisce verso una zona di confine, fuori dal controllo del potere religioso, un luogo che è ponte verso i pagani. Gesù, la parola che si diffonde, decide di iniziare la sua missione in un luogo decentrato, proprio là dove noi non ce lo aspetteremmo, in un contesto periferico, multietnico, in una di quelle terre “disprezzate”, come ce ne sono tante anche oggi. Gesù sceglie di essere nelle nostre zone più nascoste, proprio quelle che noi non vorremmo vedere o sentire presenti in noi.
Gesù emigra, prova cosa significhi essere accolto in una terra e in una città dove si è stranieri, la Galilea, Cafarnao. Egli si immerge nell’umanità plurale della città, quella più lontana, tra i diversi, coloro che vengono giudicati, condannati e lasciati soli. In questi luoghi che erano considerati luoghi di morte, di tenebra, di male, Gesù fa il bene e porta la luce. È la luce che illumina e dissolve i pregiudizi, le visioni ristrette e limitate, oscurate dal non incontro e dalla non conoscenza.
La strada della città, proprio perché terra di pluralismo, è luogo delle domande … e Gesù è là dove nasce la domanda. E la domanda nasce spesso fuori dalle chiese, nasce per le strade e nelle case: là dove accade una nascita, una malattia, una morte, là dove ci si innamora o ci si sposa, là dove si legge una luce negli occhi dei figli o si legge il baratro di un disagio, il vuoto della delusione o della droga, là dove ogni giorno è la fatica di vivere in faccia a sé stessi e al mondo (A. Casati, Sconfinamenti).
È un momento di passaggio nella vita di Gesù quello che ci viene narrato oggi, un momento periferico, illuminato grazie alla Scrittura, grazie alla profezia di Isaia. Ogni momento, anche il più marginale della nostra vita, può ricevere luce e chiarificazione se scegliamo di metterci in ascolto di quella Parola che non è mai venuta meno e che per noi si è fatta carne e si è immersa nella nostra umanità.
sorella Elisa