Se vuoi avere la vita vera ed eterna…
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11 luglio 2024
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 18,18-30 (Lezionario di Bose)
In quel tempo 18un notabile interrogò Gesù: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 19Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 20Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre». 21Costui disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla giovinezza». 22Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!». 23Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco.
24Quando Gesù lo vide così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. 25È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!». 26Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può essere salvato?». 27Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».
28Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito». 29Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, 30che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».
“Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. La domanda che il vangelo di oggi, per questa festa di san Benedetto, pone in bocca al ricco è la domanda che abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna, in maniera più o meno consapevole, e che è all’origine di ogni cammino di vocazione cristiana e monastica, se davvero comprendiamo la “vita eterna” come quella pienezza di vita che inizia già qui e non riguarda solo l’al di là. Che cosa fare dunque per avere la vita vera?
Anche Benedetto nel Prologo della sua Regola invita il monaco che si inoltra o si è già inoltrato nel cammino della vita monastica per «correre sulla via dei comandamenti di Dio con il cuore dilatato dall’inesprimibile dolcezza dell’amore», a porsi sempre di nuovo questa domanda che è all’origine della sua ricerca di Dio.
Anzi, utilizzando le parole del Salmo 33, Benedetto mette la domanda in bocca a Dio stesso per rivolgerla a ciascuno, e invitarlo a lasciarsi coinvolgere personalmente: «“Chi è l’uomo che vuole la vita e desidera vedere giorni felici?” (Sal 33,13). E - prosegue Benedetto - se tu all’udire questa voce di Dio, rispondi: “Io!”, Dio ti dice: “Se vuoi avere la vita vera ed eterna, “trattieni la tua lingua dal male, e le tue labbra non dicano inganni; allontanati dal male e fa’ il bene, ricerca la pace e perseguila” (Sal 33,14-15) … Che cosa c’è di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci invita, fratelli carissimi? Ecco, il Signore nel suo amore ci indica la via della vita ».
Per avere la vita si tratta quindi anzitutto di vivere, non di fuggire la vita. E non si tratta neppure di far grandi cose, “in parallelo” rispetto alla vita ordinaria, ma di vivere la quotidianità nel suo umile scorrere, in ogni situazione a cui ci troviamo confrontati, cercando ciò che dà vita ed evitando ciò che dà morte. Questo il senso dei comandamenti cui Gesù rimanda.
La proposta evangelica è una chiamata a vivere in pienezza la propria condizione di figli, una condizione che è dell’ordine dell’essere, prima che del fare o dell’avere. Il figlio riceve l’eredità perché è figlio, non perché fa qualcosa o ha qualche titolo di merito. Questo è ciò che quest’uomo sembra non capire quando interroga Gesù su cosa “fare” per “avere” in eredità la vita eterna. E Gesù lo rimanda al solo Buono, il Padre, il Padre.
L’uomo che sta di fronte a Gesù è un “notabile”, uno che ha una posizione, forse un fariseo esperto di Scrittura, comunque un uomo che ha raggiunto una statura, una “pienezza”, non solo in termini di ricchezze materiali … Da Gesù sembra cercare soltanto un “sovrappiù”, una risposta brillante e raffinata, magari anche esigente, che garantisca un glorioso coronamento alla sua vita religiosa, senza però mettere in discussione quel che già ha costruito.
E Gesù lo spiazza. In pratica gli fa capire che potrà trovare una risposta alla sua domanda solo allargando e radicalizzando la “mancanza” che, nonostante tutto, riconosce di avere. Ecco che in qualche modo gli propone di disfarsi di tutto quello che ha raggiunto, di cui va fiero e che fino ad ora lo ha garantito. Si tratta per lui di accettare di lasciarsi “decostruire”, per abbandonare la presa sulla propria vita e lasciare spazio al Signore. E solo così rinascere su nuove basi. In fondo, questo vuol dire Gesù quando propone al ricco di “vendere tutto” e di mettersi “dietro a lui”. Vendere tutto il suo “potere” (la sua ricchezza come illusione di potere) e rimettersi in cammino come un povero. Imparando dai poveri ai quali è rimandato, quasi come ai suoi maestri.
“Lasciate che i bambini vengano a me … perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio”, dirà Gesù pochi versetti dopo il nostro testo. La vita di Dio può essere accolta solo da mani e occhi di bambino, da chi accetta di lasciarsi plasmare docilmente, senza presumere di essere già “qualcuno” di fronte al Signore.
fratel Luigi