La beatitudine di chi è in cammino
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1 agosto 2024
Mt 5,11-16
In quel tempo Gesù disse:" 11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi. 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.
Oggi facciamo memoria di S. Eusebio di Vercelli, primo pastore della nostra chiesa locale. Eusebio giunse a Vercelli nel 345. La chiesa gli ha riconosciuto il titolo di martire a causa delle sofferenze da lui subite per la fede. Fu condannato all’esilio dall’imperatore Costanzo per aver difeso il credo del concilio di Nicea. In lui possiamo incontrare la testimonianza di un credente che ha incarnato la Parola di Dio, che oggi è proposta alla nostra meditazione: la beatitudine dei perseguitati. Condannato all’esilio e all’allontanamento dalla chiesa di cui fu pastore Eusebio dovette incamminarsi per terre lontane. Di questa sua peregrinazione fece un viaggio missionario. Conobbe il monachesimo in Palestina, in Cappadocia e nel deserto egiziano e da queste esperienze trarrà lezioni utili per il seguito del suo ministero. Dunque, lungi dal lasciarsi abbattere e arrestare nel cammino, egli mise a profitto per la crescita della Parola di Dio la condizione in cui venne a trovarsi. Proprio con questo atteggiamento di fede incarnò la beatitudine di chi è perseguitato per Cristo e vissuto la felicità paradossale del vangelo.
Risalendo al significato ebraico, la parola “beato”, oltre alla constatazione o all’augurio di felicità, contiene l’invito di andare avanti. Come quando si dice a qualcuno: Coraggio, vai! La beatitudine promessa nella situazione di sofferenza invita a mobilizzare delle energie nuove e a camminare in essa con uno slancio interiore proteso in avanti. Il versetto che segue parla addirittura di gioia e di esultanza. Questo ci sembra eccessivo di fronte alla condizione di chi è insultato, perseguitato e condannato su base di accuse false. Come si può parlare di felicità in una situazione che sa di morte, di negazione della vita?
Occorre ricordarci che la vita cristiana è una vita pasquale. Seguiamo Gesù crocifisso, morto e risorto. Siamo cristiani per essere stati battezzati nella morte e risurrezione di Cristo: la via cristiana è un nascere a una vita nuova nello Spirito, già qui e ora nel nostro cammino quotidiano, per il quale vengono mobilizzate delle energie di vita assolutamente nuove: sono le energie della risurrezione. È il dono della vita che ha la sua sorgente in Dio creatore; e questa vita si nutre della nostra adesione di fede, di speranza e di amore all’immagine di Cristo. La beatitudine è il sovrappiù che ci viene donato quando si cerca prima il regno di Dio e la sua giustizia. Così il regno di Dio è già in mezzo a noi, perché “il regno di Dio è giustizia e pace e gioia nella Spirito Santo” (Rm 16,14).
È in questo senso che possiamo comprendere la parola che segue: “Voi siete il sale della terra; voi siete la luce del mondo”. Il sale è il sapore dell'evangelo, il profumo dell’amore, anche negli inferi. La luce è Cristo risorto, che illumina e accompagna il cammino del credente, e gli permette di attraversare anche la notte e le tenebre delle situazioni difficili, oltre che la morte.
Il credente, saldo e perseverante nella fede, riflette questa luce e trasmette il sapore della speranza cristiana. I santi, con la loro vita, ci testimoniano questa potenza del vangelo.
sorella Alice