Beati siete voi!
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11 settembre 2024
Lc 6,20-26
20In quel tempo Gesù alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
21Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
24Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
25Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.
Tu vedi la fatica e l’afflizione
tu le guardi e le accogli nella tua mano.
La fame dei poveri tu l’ascolti, Signore (Sal 10,14.17).
Il salmista fa appello al vedere compassionevole di Dio e vi si abbandona con fiducia perché sa che è un tratto del Signore fin dagli inizi della sua rivelazione: “Dio ascoltò il lamento dei figli di Israele in Egitto, si ricordò, guardò la loro condizione, se ne diede pensiero” (cf. Es 2,23-25).
L’ascoltare, il vedere, il darsi pensiero da parte di Dio si sono fatti gesti, parole, sentimenti in Gesù. Egli annuncia che il tempo messianico in cui Dio si sarebbe preso cura dei poveri, degli affamati, dei perseguitati è qui presente ed è motivo di consolazione per chi vive nell’afflizione e nella ristrettezza. È l’annuncio gioioso del regno di Dio in mezzo a noi che Gesù fa ai discepoli e alle folle, dichiarando pubblicamente beati uomini e donne che vivono determinate situazioni e assumono atteggiamenti tali da rendere pieno di senso il loro cammino umano sulla terra.
Le beatitudini contengono un annuncio paradossale che rovescia il comune sentire: sono proclamate felici persone che si trovano in condizioni di sofferenza. Può pronunciare simili parole solo chi le ha attraversate e vi ha scorto una luce possibile che consente di affrontarle con coraggio. Gesù ha provato la fame, ha conosciuto la persecuzione e attraverso di lui possiamo entrare anche noi nello spirito di questo messaggio.
A differenza dell’evangelista Matteo, Luca raccoglie qui solo quattro beatitudini: i poveri, i piangenti, gli affamati, i perseguitati. Rivolgendosi direttamente ai suoi interlocutori, sembra aver presente situazioni ben conosciute. È povero e nell’afflizione non solo chi vive nell’indigenza materiale, ma anche chi si sente non accolto, trascurato dai poteri prevaricanti nella società che semplicemente lo snobbano, ne fanno tranquillamente a meno. Accanto a queste c’è la beatitudine che tocca più da vicino il discepolo, che può conoscere la persecuzione e l’emarginazione a motivo della testimonianza evangelica. È dichiarato beato chi rifugge il compiacimento mondano − “Guai a voi quando tutti diranno bene di voi” (v. 26) −, e pone la sua speranza nel Padre.
Alle quattro beatitudini corrispondono parallelamente quattro “guai”, ossia degli avvertimenti: “Guai a voi, ricchi, voi che siete sazi e ridete…” (cf. vv. 24-26). Vanno intesi come un accorato appello in vista della conversione e tuttavia hanno il sapore di un auto condanna perché costoro “nel loro benessere non discernono, nella loro sufficienza non cercano più nulla” (cf. Sal 49,13.21; 10,4).
Per coloro che piangono e sono afflitti Gesù non proclama la fine della sofferenza, né delle molte cause che la provocano, ma afferma la speranza di un mondo nuovo che rende possibile vivere il presente in una prospettiva diversa. La possibilità di un cambiamento già qui e ora per i tanti afflitti della terra è affidata a ciascuno di noi, nella misura in cui teniamo gli occhi ben desti per vedere e riconoscere le numerose situazioni di disagio attorno a noi; tendiamo una mano a chi si trova in condizione di bisogno; custodiamo un cuore sensibile, capace di compatire perché non indurito dall’indifferenza e dalla ricerca del proprio tornaconto.
fratel Salvatore