Contro le illusioni del quieto vivere


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15 novembre 2024

Lc 17,26-37

In quel tempo Gesù disse:" 26Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo: 27mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. 28Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; 29ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. 30Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si manifesterà. 31In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. 32Ricordatevi della moglie di Lot. 33Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. 34Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l'uno verrà portato via e l'altro lasciato; 35due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà portata via e l'altra lasciata». [ 36] 37Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».


Anche oggi il Vangelo sembra fatto apposta per turbare la nostra tranquillità più che calmare le nostre angosce: tra il diluvio, la pioggia di fuoco e zolfo e, ciliegina sulla torta, gli avvoltoi che si radunano per spolpare i cadaveri il quadro sembra terrificante! 

Possiamo iniziare a metterlo nella giusta prospettiva a partire da due osservazioni. La prima è che Gesù ha affermato di essere venuto a portare “non pace, ma divisione” (cf Lc 12,51): nulla di strano, dunque, che uno sia preso e l’altro sia lasciato nel letto, che una donna sia presa e l’altra sia lasciata a macinare. La seconda è tanto banale quanto facilmente ignorata: in queste parole non è espressa una condanna: Gesù sta ricordando quanto è già accaduto e accadrà ancora, non per la volontà di un Dio perverso ma per la cecità perversa degli uomini

Non leggiamo, in questi giorni, notizie di siccità devastanti e di alluvioni catastrofiche, entrambe causate dal nostro abuso della Terra? E i bombardamenti che in Ucraina, a Gaza, in Libano e in altri luoghi dimenticati seminano morte e distruzione non sono un’altra forma di quella pioggia di fuoco e zolfo?

Tutto questo avviene, sottolinea Gesù, in realtà a prima vista normali, in cui vengono svolte attività ordinarie, perfino positive: mangiare, bere, prendere moglie o marito, piantare, costruire. Nulla di male, se non fosse per l’illusione che questo basti a vivere bene, senza problemi e senza noie: senza alcuna violazione della pace sociale, senza alcun debito verso gli altri. Qualcosa che, ci dice Gesù, facendoci credere di potere acquistare la nostra vita (questa una possibile traduzione del verbo usato da Gesù) ci porta alla rovina. Una rovina che si abbatte all’improvviso; o forse, dovremmo dire, si abbatte all’improvviso per chi non è stato in grado di cogliere i segni del suo arrivo, per chi ha pensato che fosse sufficiente farsi i fatti propri, badando a rispettare le leggi per evitare ogni fastidio – e pazienza se, in base a una di quelle leggi, soccorrere esseri umani in preda alla forza delle onde è favoreggiare la temibile “immigrazione clandestina”.

La prospettiva che Gesù ci propone è diversa, e ricorda per molti versi la conversione a cui ci invita in un brano che parla, come il nostro, di stragi e sciagure (cf. Lc 13,1-5): anziché cercare di conservare a tutti i costi questa vita così com’è, aspirare a una vita più ampia, più libera; accettando la necessità di dover lasciare dietro di sé beni e relazioni che sembravano fondamentali, come seppero fare Noè e Lot, accettando anche, nei casi estremi, di perderla nella certezza che proprio così la renderemo viva. Sembra un paradosso; in realtà chi vive nel timore della perdita e della morte sta già anticipando la fine di tutto, mentre chi non si attacca a sé diventa capace di dare la vita, quella vera, a sé e alle persone intorno a sé

Sapremo fare, nel lungo e talvolta pesante sfogliare dei nostri giorni, la stessa scelta? O preferiremo rinchiuderci da soli in prospettive più limitate, più rassicuranti – e alla lunga mortifere?

fratel Federico