Una mancanza che accomuna


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Davide Benati, Terrazze, 2003.
Davide Benati, Terrazze, 2003.

10 aprile 2024

Gv 4,1-15

In quel tempo 1 Gesù venne a sapere che i farisei avevano sentito dire: «Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni» - 2sebbene non fosse Gesù in persona a battezzare, ma i suoi discepoli -, 3lasciò allora la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. 4Doveva perciò attraversare la Samaria. 5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».


Il vangelo presenta un dialogo occasionale che nasce dall’incontro fortuito tra Gesù e una donna di Samaria presso il pozzo di Sicar. Questa casualità, unita all’annotazione che Gesù “doveva attraversare la Samaria” (Gv 4,4), che parla non di una necessità geografica ma teologica, ci rinvia a quanto scrisse Anatole France: “il caso è lo pseudonimo di Dio, quando Dio non vuole mettere la propria firma”. 

A Gesù che si espone nel proprio bisogno alla donna chiedendole da bere, la donna reagisce con perplessità e diffidenza. Reagisce ritraendosi nello spazio del consueto, del convenzionale, del permesso e del proibito: “Come mai?” (4,9). Come mai un uomo rivolge la parola a una donna? Un giudeo a una samaritana? Anzi, come lei specifica, “a una donna samaritana”. 

Il simbolismo del pozzo, luogo tipico di corteggiamento e seduzione (Gen 24,10-67; 29,1-14; Es 2,15-22) oltre che simbolo dell’intimità femminile (Ct 4,15; Pr 23,27), induce forse la donna a pensare che quell’uomo stia cercando un pretesto per esprimere un desiderio erotico? Anche la simbolica del bere conosce valenze erotiche nella letteratura sapienziale: l’espressione “bevi l’acqua dalla tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo” (Pr 5,15) è metafora del rapporto sessuale. Questo potrebbe spiegare la di per sé pleonastica specificazione della differenza sessuale da parte della samaritana. Che poi i giudei non abbiano rapporti con i samaritani (4,9), include anche, e ancor di più, i rapporti intimi, sessuali.

Gesù rilancia allora il dialogo riorientando l’interesse della donna verso il dono di acqua viva che lui potrebbe darle. In questo incontro è presente, sottotraccia, il dinamismo del desiderio e Gesù lo orienta, gli dà una direzione che si allontana dalla sete di acqua, che spiazza l’immaginario ispirato dall’eros e va decisamente oltre la dimensione erotica. Lui stesso, infatti, si propone alla donna come fonte di acqua, come sorgente che può dare l’acqua che disseta (“Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: ‘Fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno’”: Gv 7,37-38). 

La reazione della donna è intelligente e sospettosa: da dove la prendi l’acqua se non hai nemmeno un secchio? E diviene un’aperta sfida: sei forse più grande di Giacobbe (4,11-12)? Ma ecco che la promessa dell’acqua che disseta e che diventa in chi la beve sorgente zampillante conduce la donna a chiedere lei stessa da bere a Gesù. Gesù aveva rivolto la parola alla donna esponendosi nel suo bisogno, manifestando la sua sete e chiedendo da bere: “Dammi da bere” (Gv 4,7). La donna è rimasta sorpresa ma forse anche incoraggiata dall’apertura di credito che il maschio giudeo aveva fatto a lei, donna samaritana, apertura di credito che lei ha potuto sentire credibile e affidabile perché l’uomo le si presentava nella sua povertà, quasi dicendole: ho bisogno di te e del tuo aiuto. 

E le prime battute del dialogo in cui si è impegnata, pur ancora con diffidenza, ora la portano a chiedere lei all’uomo di darle da bere: “Dammi quest’acqua” (Gv 4,15). L’incontro avviene nella condivisione della povertà, nella scoperta della mancanza che accumuna. Anch’io, dice ora la donna, ho bisogno di te. Come ognuno di noi ha bisogno dell’altro e del dono che l’altro può essere per noi.

fratel Luciano


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