Una sete che sazia ogni sete


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Davide Benati, Terre d'ombre, 1986, acquarello su carta intelata, 50 x 70 cm
Davide Benati, Terre d'ombre, 1986, acquarello su carta intelata, 50 x 70 cm

12 aprile 2024

Gv 4,31-42 (Lezionario di Bose)

In quel tempo,31i discepoli pregavano Gesù: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: «Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura»? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo»


Il testo di oggi conclude il racconto dell’incontro di Gesù con la Samaritana. La donna, parola dopo parola, è arrivata a riconoscerlo come colui che può placare la sua sete, il suo desiderio profondo di dare un senso alla propria vita. Quel viandante giudeo assetato e stanco si svela uomo diverso, misterioso, poi profeta e infine Messia. Che addirittura parla con lei! La donna a questo punto lascia la sua anfora, va alla città per condividere la sua scoperta e lascia Gesù solo con i discepoli. E gli abitanti di Sicar escono e vanno da Gesù.

Se con la donna era questione di “acqua” e “sete”, il dialogo con i discepoli tocca il “cibo”, perché loro stessi erano andati a procurarlo (Gv 4.8). Anche qui allora si crea un fraintendimento che consente di portare il discorso su un piano più profondo e più ampio. Se il cibo, e l’azione del mangiare, indicano ciò che sostiene la vita ad ogni uomo, per Gesù ciò che sazia la sua fame è “fare e compiere” (Gv 4.32) la volontà di colui che lo ha mandato, ovvero che nessuna si perda (Gv 6.39) che trovi la vita piena (Gv 6.39), vita che con la resurrezione va oltre la morte (Gv 6.40). 

Questo è il cibo che i discepoli ancora non conoscono… (Gv 4.33), questa opera è la passione di Gesù, ciò che arde nel suo cuore come fiamma divorante, ciò che lo porterà a consumarsi per l’umanità. Sì perché quel “compiere” è lo stesso verbo che leggiamo sul punto della morte in croce: “tutto è compiuto”, perfino la sete di Gesù! Tutto è arrivato alla piena realizzazione in quel dono di sé fino alla fine, fino a divenire lui stesso cibo e bevanda per nostra vita. 

Il rimando alla croce ci fa capire le parole sulla semina, i campi, la messe, la mietitura. Sulla croce Gesù “attirerà tutti a sé” (Gv 12,32) e i samaritani che accorrono a lui sono un segno, una primizia dei frutti della futura missione. I discepoli sono spronati ad “alzare lo sguardo” a guardare più in là, ad allargare il loro punto di vista, a rendere più profonda la comprensione di quello che accade, senza fermarsi al solo dato “materiale” per capire che l’annuncio della buona notizia sarà efficace solo se loro stessi saranno fedeli all’azione e alle parole di Gesù. Loro stessi, in un certo senso, sono chiamati ad essere animati dalla stessa fame e desiderio di Gesù per compiere l’opera del Padre, in totale “trasparenza” della sua presenza.

I discepoli, e noi con loro, siamo chiamati a fissare lo sguardo su colui che non fa riserve di sé, che fuori dagli schemi parla perfino con una donna samaritana, che accoglie tutti gli abitanti di Sicar e parla con loro senza stancarsi. Gesù “prende dimora” con i samaritani per due giorni (cf. Gv 4.40) e con la sua parola li porta alla fede, alla comprensione che lui è la fonte della salvezza, addirittura colui che salva il mondo intero (Gv 4.42)

Nel suo agire Gesù estingue la sua sete, la sua fame di cercare ogni uomo, di incontrarlo, accoglierlo, donare tempo e parola. Nel suo agire Gesù sazia ogni sete e ogni fame, di ogni uomo. Il dono della salvezza ha conquistato Gesù e speriamo lo diventi anche per noi, acqua che dà vita, cibo che sazia, messe che dà gioia. Alla fine di questo lungo racconto sembra allora risuonare per noi una parola… va e anche tu fa lo stesso (cf. Lc 10.37)

fratel Marco