Un uomo solo che vive per sé stesso
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4 marzo 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 12,16-21 (Lezionario di Bose)
In quel tempo 16Gesù disse una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: «Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!». 20Ma Dio gli disse: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?». 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Il brano precedente denuncia il rischio a cui il ricco è particolarmente esposto: è il desiderio di possedere sempre di più, la cupidigia. La parabola che segue illustra un tale pericolo.
L'uomo della parabola, però, non ha cercato con ogni mezzo di arricchirsi: è stato semplicemente fortunato in seguito a una buona annata in cui la campagna ha prodotto un raccolto abbondante. È la campagna a donare un surplus inaspettato, non è il lavoro dell'uomo a condurlo automaticamente ad un di più; c'è un effetto sorpresa, qualcosa di inatteso che egli si ritrova tra le mani, un dono che viene affidato alle mani di quest'uomo. È uno stimolo per riflettere sui talenti, le qualità, i mezzi che abbiamo ricevuto e su come li impieghiamo.
Gesù sembra dire che bisogna imparare ad avere anche una libertà dal dono che riceviamo, affinché esso rimanga tale, possa circolare e dare vita anche ad altri. Chi desidera possederlo, “bloccarlo”, svela la propria insicurezza, la propria sfiducia nella vita e negli altri.
L'uomo della parabola viene dichiarato “insensato”. Perché? Si possono tentare due risposte. Non è per il suo essere ricco in sé e per sé, né perché è disonesto o vive nel lusso, ma perché non ha preso in considerazione la morte e quindi l'aldilà. L'abbondanza di beni gli impedisce di vedere dov'è l'essenziale, di preoccuparsi per i beni autentici che non passano. Il pensiero dei granai sottrae a lui la possibilità di vivere il suo presente; appare come condannato ad occuparsi di un tempo remoto. Tanto remoto che non è affatto così sicuro che quel tempo potrà essere effettivamente un tempo per lui, per la sua vita.
Tutto ciò non significa che non bisogna pensare, per sé stessi e per gli altri, ad un futuro migliore, immaginarlo, promuoverlo ma muoversi per realizzarlo a partire dal presente, l'unico tempo sul quale possiamo avere un effettivo potere non idealizzato.
Un'altra risposta possibile può essere quella di considerare che in questo nostro tempo, dove sembra operare nella nostra vita una strana inerzia, la quale induce a sospendere il dialogo, a cercare quindi il senso e il valore della nostra vita in maniera tutta solitaria, l'uomo ricco ci avverte di non prendere il suo esempio: “Ragionava fra sé: Che farò dei miei beni?”.
Il fatto di ragionare da solo, addirittura forse di parlare da solo, sembra un segno preoccupante. Vera può essere la parola che si rivolge ai fratelli, non quella rivolta solo a sé stessi. Fin dall'inizio Dio vide che per l'uomo non era bene essere solo e volle fargli un aiuto a lui corrispondente (cf. Gen 2,18).
Questo a dire l'importanza di ogni forma di legame, quello tra uomo e donna, come anche quello di fraternità, di amicizia, di lavoro e di ogni altro genere di rapporto umano. Soltanto grazie a questi rapporti di vicinanza è possibile riconoscere ciò che dà senso e valore alla vita.
fratel Paolo