Santità e bellezza
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di ENZO BIANCHI
La santità testimonia anzitutto il carattere responsoriale dell'esistenza cristiana
La tradizione cristiana, soprattutto occidentale, ha operato un'interpretazione essenzialmente morale della santità. Questa però non consiste propriamente nel non peccare, bensì nel fare affidamento sulla misericordia di Dio che è più forte dei nostri peccati e capace di rialzare il credente che è caduto. Il santo è il canto innalzato alla misericordia di Dio, è colui che testimonia la vittoria del Dio tre volte santo e tre volte misericordioso. La santità cioè è grazia, dono, e chiede all'uomo l'apertura fondamentale per lasciarsi invadere dal dono divino: la santità dunque testimonia anzitutto il carattere responsoriale dell'esistenza cristiana, un carattere che afferma il primato dell'essere sul fare, del dono sulla prestazione, della gratuità sulla legge. Possiamo dire che la santità cristiana, anche nella sua dimensione etica, non ha un carattere legale o giuridico, ma eucaristico: è risposta alla charis di Dio manifestata in Cristo Gesù. Ed è segnata perciò dalla gratitudine e dalla gioia; il santo è colui che dice a Dio: "Non io ma Tu''. Questa ottica di grazia preveniente ci porta ad affermare che altro nome della santità è bellezza. Sì, nell'ottica cristiana la santità si declina anche come bellezza. Già il Nuovo Testamento associa queste due esortazioni ai cristiani: avere "una condotta santa'' non è altro che avere "una condotta bella'' (cf. 1 Lettera di Pietro 1,15-16 e 2,12).