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Ester

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Il libro di Ester racconta di fatti avvenuti al tempo del re persiano Serse, quello stesso che fu sconfitto dai greci a Salamina nella battaglia del 480 a.C., come racconta Erodoto nelle sue Storie.

18 04 11 michelangelo ester

Molte sono state le ipotesi formulate sul genere letterario del libro: racconto sapienziale, romanzo storico, racconto sulle origini della festa giudaica di Purim, o breve storia della diaspora del popolo di Israele. In ogni caso, l’elemento comune che emerge è quello della finzione letteraria. Il che non significa che il racconto sia falso, ma che contiene particolari funzionali alla trama, enfatizzazioni più che precise ricostruzioni storiche. Improbabili sono soprattutto certi dati numerici del libro: una festa di brindisi per l’intero esercito durata 180 giorni, la forca alta 25 metri che Aman fa costruire ed erigere in giardino, la morte di 75.000 persone nelle province dell’impero persiano.

La storia, in breve, è questa: Serse, dopo aver ripudiato la prima moglie che si era rifiutata di andare alla cerimonia di intronizzazione come regina, ordina che si cerchino in tutto l’impero le fanciulle più belle, perché possa scegliere quella che diventerà sua moglie. Tra le giovani che arrivano dalle varie province di Persia, si innamora di Ester, figlia adottiva di Mardocheo, un ebreo deportato da Gerusalemme al tempo del re babilonese Nabucodonosor. Ester, su consiglio di Mardocheo, non svela a Serse la sua origine, ma tiene celata la propria appartenenza al popolo di Israele. I due si sposano, Ester è dunque eletta regina e, da regina, non cambia il suo modo di vivere: nel proprio cuore, così come nei comportamenti esteriori, resta fedele agli insegnamenti ricevuti da Mardocheo, ai comandamenti del Dio di Israele (cf. Est 2,20). 

Gelosi della promozione di Mardocheo, che ora presta servizio nel palazzo del re, due eunuchi tramano una congiura contro Serse per ucciderlo. Mardocheo la scopre, ne informa Ester, la quale a sua volta rivela tutto a Serse. La congiura viene così sventata e Serse fa annotare nelle cronache di corte il fatto, perché resti memoria del buon servizio di Mardocheo, pronto e affidabile.

Quindi nel racconto è introdotta un’altra figura: Aman, un funzionario di corte che stringe amicizia con Serse. I due passano molto tempo insieme, il re lo fa sedere al primo posto nei banchetti, e ordina che tutti quelli che vivono nel palazzo si prostrino davanti ad Aman. Mardocheo però non si inchina davanti ad Aman, il quale se ne accorge e, approfittando del favore che gode presso Serse, convince il re a decretare lo sterminio di tutti gli ebrei dell’impero. Serse, infatti, non sa che il suo funzionario Mardocheo e sua moglie Ester sono ebrei.

Mardocheo, appresa la notizia, è profondamente turbato, e chiede a Ester di intercedere presso il re a favore del loro popolo: è arrivato il momento di rivelare l’appartenenza a Israele, per salvarne la vita.

Arriviamo al passo più intenso del libro di Ester: i giorni in cui questa giovane donna, regina di un regno che non è il suo, si trova di fronte alla terribile responsabilità di presentarsi al re, chiedere la revoca dell’editto contro gli ebrei, e insieme svelare la malvagità di Aman, che nel frattempo, oltre a redigere l’editto di sterminio, aveva anche fatto costruire un palo alto 25 metri per impiccarvi Mardocheo.

Ester sa che chiunque si presenti al re senza essere stato prima chiamato è reo di morte, secondo le leggi che vigevano allora nell’impero persiano, e sa che l’unica speranza di salvezza per il suo popolo è che lei infranga questo divieto, a rischio della propria vita.

Ester, “presa da un’angoscia mortale” (Est 4,17k), si rivolge al Signore, con parole come queste: “Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, perché un grande pericolo mi sovrasta … Da’ a me coraggio … Tu sai che mi trovo nella necessità e che detesto l’insegna della mia alta carica, che cinge il mio capo nei giorni in cui devo comparire in pubblico … La tua serva, da quando ha cambiato condizione fino a oggi, non ha gioito se non in te, Signore, Dio di Abramo” (Est 4,17).

Dopo tre giorni, Ester si riveste degli abiti più eleganti, prende con sé due ancelle, e si dirige verso la stanza del re: ha il viso lieto, ma il cuore oppresso dalla paura. Attraversate tutte le porte, si ferma davanti al re. Allo sguardo di lui, pieno di collera, Ester cade a terra, svenuta. Serse allora balza giù dal trono e, preso da un moto di dolcezza e insieme preoccupazione, la soccorre. La prende tra le braccia, finché lei non si rialza, e le dice: “Che c’è, Ester? Coraggio, tu non morirai, perché il nostro decreto è solo per la gente comune. Avvicìnati”. Ester, dopo ripetuti inviti del re, gli chiede la grazia di risparmiare il suo popolo, e accusa Aman, che manipola la politica imperiale per desiderio di potere, e che è l’ideatore dell’editto di sterminio contro gli ebrei. Serse ascolta la preghiera di Ester e fa redigere un contro-editto in cui si annulla l’ordine contro il popolo di Israele, e anzi dispone di punire quanti avessero cercato di far male ai figli di Israele. Così, grazie alla mediazione audace di Ester, il popolo ebraico è scampato a un massacro ormai imminente.

Al di là dei particolari cruenti della narrazione, specchio di un tempo in cui la percezione della guerra era diversa, cosa può dire l’audacia della regina Ester a una giovane, a un giovane oggi? Tra le tante possibili chiavi di lettura con cui interpretare il gesto coraggioso di Ester, vi è la fierezza del suo comportamento, si potrebbe dire la sua “regalità”. Regalità che non ha a che fare con il suo essere regina, dunque a capo di una grossa porzione di territorio: Ester ha dimostrato una regalità frutto della consapevolezza di possedere la dignità propria di ogni essere umano e del sapersi figlia di Dio, di quel Dio che è sempre stato fedele alle sue promesse, che sempre ha esaudito le preghiere di chi, nella concreta storia del popolo di Israele, l’ha invocato con cuore sincero. La regalità di Ester è legata alla libertà interiore di chi si sa amata e custodita: questa consapevolezza non è immediata né facile, è frutto di un lungo lavoro di maturazione. Esito di questo cammino è l’atteggiamento fiero e regale di chi osa un atto vietato dalla legge (presentarsi al re di propria iniziativa), dalle regole, dalla norma, per rispondere a una più profonda coscienza di responsabilità non solo verso di sé, ma anche verso altri. In questo senso, Ester è una vera regina, e re e regine siamo noi tutti, quando scegliamo di esercitare la regalità che ci è propria in quanto esseri creati a immagine e somiglianza di Dio. Quando scegliamo di dare più ascolto al desiderio di vita che ci abita, che alla paura di fare una mossa sbagliata, e quindi di perdere la vita, sia pure un pezzetto piccolo di vita. Sono tantissime, ogni giorno, le occasioni in cui possiamo scegliere se esercitare la nostra regalità, osando una parola scomoda, chiara e audace, osando un comportamento forse giudicato fuori dalla regola, che turba l’andamento quieto e sonnolento della quotidianità. Possiamo osare questa regalità, in obbedienza alla Parola che ascoltiamo, in obbedienza al nostro desiderio di vita, che è un desiderio di amore, per noi e per gli altri, per tutti gli altri.