Chiesa straniera
Significa dunque comprendere che la “verità” non è mai senza l’altro, né tantomeno contro l’“altro”, perché “l’altro” è sacramento cristico; che non può essere racchiusa in categorie giuridiche o in affermazioni dogmatiche, ma che è un “evento” creato dallo Spirito nella storia nell’incontro tra diversi, fra stranieri che scoprono la possibilità di una comprensione e di una relativa comunione proprio perché accettano di non essere “padroni di casa”, detentori del Senso, proprietari della Verità. Stranierità significa provvisorietà, precarietà, povertà di mezzi e strutture . significa apertura al Dio che viene, all’orizzonte escatologico … Solo una chiesa in stato di stranierità non si “fissa” sul presente assolutizzandolo e idolatrandolo, ma si apre al futuro e diviene segno di speranza per gli uomini. La Scrittura mostra che il Dio biblico è il Dio degli stranieri, il Dio che si fa straniero, che sceglie a marginalità, il “di fuori”, fino a rivelarsi quale Dio degli ebrei schiavi in Egitto e a manifestarsi in Gesù che nasce in un luogo decentrato e marginale, perché “non c’era posto per lui” (Luca 2,7) e che nel suo ministero storico “non aveva dove posare il capo” (Luca 9,58). La croce poi, centro della rivelazione cristiana, costituisce il momento tragicamente culminante della radicale stranierità: Gesù stesso appare fuori dalla società civile e religiosa, estraniato da Dio, abbandonato da Dio, fuori dalla salvezza. Ma.. proprio quello è il momento del dilatarsi della comunione a tutti gli uomini. E anche per la chiesa solo la dimensione della stranierità è creatrice di comunione (Enzo Bianchi, Da forestiero. Nella compagnia degli uomini, Piemme, Casale Monferrato 1995).
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