Fattosi simile a noi
25 giugno 2024
Matteo 3,13-17
In quel tempo 13Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
La vicenda pubblica di Gesù è preparata dalla predicazione di Giovanni Battista: “Convertitevi perché il regno dei cieli si è avvicinato a voi” e “Colui che viene dietro a me vi battezzerà in Spirito santo e fuoco”.
L’inizio della vita pubblica di Gesù ci presenta un dialogo tra lui e il Battista, il profeta che porta in sé tutta l’attesa della prima Alleanza, il bisogno di salvezza che è nel cuore e nel pensiero di ogni creatura. Al battesimo in acqua del Battista si accostavano coloro che si riconoscevano peccatori, persone che portavano le ferite della vita, quanti non si sentivano giusti.
Ed ecco che Gesù si pone in questa fila di gente infedele alla volontà di Dio: il giusto che poteva estraniarsi da noi si è mischiato a noi e ci ha uniti a lui. Si attendeva un Messia trionfante che premiava i fedeli e castigava gli infedeli ed ecco invece uno fattosi simile a noi, della nostra stessa povera umanità. Proprio come all’inizio Gesù è vicino ai peccatori così alla croce sarà tra due malfattori. Dio non ha voluto venire a stazionare nei palazzi dei potenti ma nei luoghi dove trova l’umanità ferita e schiacciata dal male. Ce n’è abbastanza per cambiare le nostre idee religiose.
Giovanni sente la sua indegnità a battezzare Gesù, ma obbedisce a quanto dice Gesù: “Conviene che adempiamo ogni giustizia”. Anche Gesù si fa obbediente alla giustizia salvifica di Dio, alla volontà di amore del Padre verso l’umanità. È l’adempimento di quanto è scritto nella Legge, nei Profeti e nei Salmi.
E proprio quando Gesù si è mischiato a noi peccatori, si aprono i cieli. Attraverso Gesù si è aperta per noi una porta nel cielo, possiamo essere in comunione con Dio. Si compie la preghiera di Isaia: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi …” (Is. 63,19). Gesù nella sua discesa nelle acque e nella risalita simboleggia già la sua morte e resurrezione.
Ecco “lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire su di lui”: la potenza salvifica di Dio, quello Spirito che aleggiava sulle acque all’inizio della creazione. Ora è come una nuova creazione, è il regno di Dio che Gesù inaugura con la sua persona.
Viene una voce dal cielo che riconosce in Gesù il Figlio unico del Padre “Tu sei mio figlio” come dice il Salmo 2 e anche amato, come dice Isaia “Ecco il mio servo che io ho eletto – il mio amato nel quale ho posto il mio compiacimento” (Is. 42,1). Il figlio unico, il figlio amato come era Isacco per Abramo.
L’inizio della vita pubblica di Gesù avviene in una manifestazione trinitaria che non si compie in una solenne liturgia al Tempio ma in un ambiente carico del peccato umano, in una epifania della nostra debolezza dove sovrabbonda la grazia di Dio. Il Dio che è comunione delle tre persone non si vergogna di sprofondare nella nostra povera umanità.
Il Figlio è l’eletto, chiamato alla sua missione di salvezza. E proprio alla croce il centurione pagano lo riconoscerà: “Davvero costui era Figlio di Dio”. Il Figlio che il Padre ci indica perché sia accolto nella fede, perché crediamo a questo suo amore smisurato.
fratel Domenico