Bellezza che illumina
4 settembre 2024
Lc 9,28-36
In quel tempo 28Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Nella festa di Mosè profeta la liturgia ci propone il racconto della Trasfigurazione nel vangelo secondo Luca. Un racconto caro ai monaci, che più volte abbiamo ascoltato negli ultimi mesi.
È un evento centrale nel vangelo e segue il primo annuncio della passione e l’annuncio delle esigenze dure della sequela di Gesù.
Otto giorni dopo Gesù si ritira in preghiera su un monte, il Tabor, e porta con sé Pietro, Giacomo e Giovanni. Ed è trasfigurato, trasformato davanti a loro. Ma in questa manifestazione della sua gloria non è più solo, appaiono Mosè ed Elia, la legge e i profeti, a testimonianza che Gesù è la pienezza di tutta la rivelazione di Dio. Fonte e culmine della storia di salvezza che giungerà a compimento a Gerusalemme.
È un evento di rivelazione, di bellezza, di autentica comunione, un’irruzione del divino nella quotidianità che trova i discepoli impreparati, assonnati, stupiti e infine impauriti. Pietro vorrebbe fermare quel momento, ma non sa quello che dice ed è sovrastato dalla nube e dalla voce che proclama il figlio, l’eletto, l’amato ﹣ nelle redazioni secondo Marco e Matteo ﹣, e invita i discepoli all’ascolto: “Ascoltatelo” (v. 35).
Anche Mosè ricevendo le tavole della legge sul Sinai, un altro monte, si fa portavoce presso il popolo dello stesso comando: “Ascolta Israele”.
Quello che noi celebriamo, che noi adoriamo è un Dio che parla, che cerca senza stancarsi la relazione con l’uomo. Si è mai vista una cosa simile? Un Dio che parla all’uomo, nello stupore e nel grande spettacolo di un roveto ardente, ma anche nella voce di un silenzio sottile. È un Dio che parla al nostro cuore, parla volto a volto come a Mosè, come a un amico. Questa parola può trasformare e rendere luminosi i nostri volti come accadeva a Mosè che doveva coprirsi il volto per parlare al popolo.
C’è una bellezza a cui tutti siamo destinati, tutti figli amati nel Figlio amato, una bellezza che rende luminose e splendenti le nostre vite se lasciamo che siano illuminate dalla sua parola, che trasforma ogni nostra mancanza e debolezza con la forza del suo amore, del suo desiderio di comunione con noi. Come fece con Mosè che pur balbuziente tenne testa al faraone.
Ma noi siamo anche come i discepoli, stupiti, incapaci di comprendere, impauriti. In questa fragilità e debolezza umana che ci contraddistingue, che ci ferisce e umilia, a volte, noi possiamo e dobbiamo rimanere nell’attitudine dell’ascolto, pur confusi e silenziosi, sapendo che c’è il Signore Gesù, lui solo e questo ci basta.
Dobbiamo rimanere e camminare dietro al Signore, anche quando non comprendiamo, non sappiamo cosa dire o fare, rimanere dietro a lui, per riconoscere il suo volto luminoso in ogni manifestazione della bellezza che ci circonda, nella creazione che abbiamo celebrato domenica scorsa, sulle alte montagne, nel dialogo libero e sereno degli amici. Se lasciamo che irrompano nelle nostre vite i quieti raggi di questa quotidiana bellezza, pur nelle fatiche e nelle lotte in cui la vita ci spinge, possiamo risplendere della luce dei figli amati da Dio, quella luce che nessuno può toglierci.
fratel Nimal