Chi perderà, salverà

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6 marzo 2025

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 9,22-25 (Lezionario di Bose)

In quel tempo Gesù disse:" 22«Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. 25Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?


Una delle domande che attraversano in maniera più profonda la nostra umanità riguarda il male e la sua origine, o ancor più concretamente il senso e il significato della sofferenza. Ma la pagina odierna dell’evangelo può aiutarci proprio perché non ci narra della comprensione filosofica del problema del male, ma solo del fatto che Gesù è arrivato a comprendere che il male non si può eludere: «il Figlio dell’uomo deve soffrire molto» (v. 22). Una comprensione che possiamo immaginare sia stata ispirata dal quotidiano confronto con la Scrittura alla ricerca della volontà di Dio. 

Nella Scrittura infatti pian piano si affaccia l’idea che il giusto, l’inviato di Dio, subisca opposizione. È l’esperienza dei profeti nella quale Gesù più volte mostra di volersi inserire. Ma quel verbo “deve” non deve farci pensare a un Dio che ha bisogno della sofferenza di suo Figlio. La volontà di Dio è sempre volontà di bene, di salvezza, di grazia, ma una grazia che non esime dal confronto e scontro con il male fuori e dentro di noi, una grazia a caro prezzo. 

Gesù era arrivato a questa comprensione. Infatti tutti gli evangeli sinottici sono concordi nel dire che per tre volte ha annunciato la sua passione, morte e risurrezione ai discepoli. Marco e Matteo ci dicono anche che questo insegnamento suscitava reazioni sconsiderate, opposizione e sconcerto, tanto che ogni volta l’annuncio è seguito da un insegnamento. Luca, che ha spesso un occhio di riguardo per gli apostoli, salta l’opposizione di Pietro raccontata da Matteo e Marco (Mc 8,32-33) e riporta subito l’insegnamento.

«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (v23). È un detto celebre, ma che ogni volta facciamo fatica a mettere in pratica. Ci dice infatti che seguire Gesù significa smettere di considerare la propria persona come misura di ogni cosa. Chi rinuncia a questo comportamento cessa di autogiustificarsi, di cercare la propria salvezza e, per amore di Cristo, accetta anche di caricarsi del peso della sua propria croce, dello strumento della propria condanna a morte. E solo Luca aggiunge “ogni giorno”, specificando che si tratta di un’azione quotidiana, che diventa un modo di essere. 

Un modo di vivere che è pienamente illuminato dalla successiva parola di Gesù, un detto paradossale che nei vangeli risuona più volte sulle sue labbra: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (v. 24). Ecco il vero guadagno, la vera salvezza che possiamo conoscere giorno dopo giorno: perdere la nostra vita per Cristo, donarla come egli ha fatto e ci ha insegnato a fare, fino a non distinguere più la nostra vita dalla vita di Cristo in noi (Gal 2,20). Ma questo è possibile solo sapendo dire dei no; in particolare dei no a noi stessi, perché solo così possiamo combattere la sottile ma idolatrica autodeterminazione, quella del credersi fautori del proprio destino, ed eredi dei propri meriti. Inoltre rinnegare se stessi è l’unico modo per aprirci in verità alla comunione con gli altri. 

Il monaco benedettino Basile Hume sintetizza così: “Dire sempre di no a se stessi (rinnegare) per poter dire sempre di sì agli altri”. 

fratello Raffaele