Digiunare, ovvero custodire un vuoto

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7 marzo 2025

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 5,33-35 (Lezionario di Bose)

In quel tempo 33dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». 34Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? 35Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».


Oggi è il primo venerdì di quaresima, il vangelo ci parla di digiuno e si apre con una contrapposizione, un mettere a confronto due modalità diverse, chi digiuna e chi mangia. Come sempre il confronto e i paragoni sono sterili perché spesso le condizioni delle situazioni sono diverse, come Gesù cerca di far prendere coscienza ai farisei e agli scribi: i suoi discepoli, a differenza di quelli di Giovanni Battista, non digiunano “perché lo sposo è con loro”. La presenza dello sposo, di Gesù, annulla il digiuno. La presenza dello sposo porta gioia e cibo condiviso.

Poi Gesù profetizza sui nostri giorni in cui lo sposo non ci sarà più e allora saranno di nuovo e ancora giorni di digiuno. 

La chiesa unisce la pratica del digiuno alla quaresima, un tempo di conversione, tempo che ci è dato per ritornare a noi stessi e ritrovare la vera umanità che il Signore ci insegna e per ritornare a Lui, il Signore delle nostre vite.

Noi pensiamo subito al digiuno legato ai cibi, ma ci possono essere molte forme di digiuno. Digiuno di parole, di immagini, di azioni… Il digiuno crea un vuoto, uno spazio che viene lasciato libero e può essere uno spazio per il Signore, uno spazio che si fa accoglienza, luogo che diventa più ricettivo. Luogo che può essere ricerca, attenzione a qualcosa di nuovo, spazio disponibile, aperto. Vuoto che ci fa sentire la mancanza, e per questo non è facile il digiuno: noi preferiamo il pieno, il colmo, la sazietà che dà sicurezza e un senso di perfezione che preferiamo al sentirci mancanti, quindi anche fragili e bisognosi con le mani aperte che invocano. Allora il digiuno può essere occasione di invocazione, di attesa che si apre alla speranza, al nuovo, all’inedito.

Il digiuno può anche essere assenza, allora mi viene da pensare che noi viviamo una grande forma di assenza, quella del Signore: noi siamo nei giorni in cui il Signore “ci è stato tolto”. Certo il Signore si fa vicino con la sua Parola, con lo Spirito santo, con i fratelli e sorelle che ci accompagnano nel cammino, ma comunque resta lontano, altrove, siamo ancora nella dimensione “della fede e non ancora della visione” (2Cor 5,7), della presenza.

“Voi amate Cristo senza averlo visto e ora senza vederlo credete in lui” (1Pt 1,8). La vita ci porta a fare questa esperienza che il Signore è assente, ci manca. Percepire e vivere questa dimensione della fede a volte può essere doloroso e far soffrire, ma è come se fosse l’altra parte della medaglia perché porta con sé anche il grande anelito che ci abita e ci orienta verso il Signore. Sentiamo forte la sua assenza perché desideriamo la sua presenza, quello che viviamo e abbiamo non ci basta.

Questo tempo di Quaresima siano giorni in cui con piccoli digiuni - e ciascuno sa qual è il digiuno migliore e più efficace per lui - possiamo accogliere e ascoltare quel vuoto che l’assenza di qualcosa di vitale e quotidiano per noi ci porta. E il vuoto possa divenire luogo di incontro con il Signore e luogo di ascolto della sua Parola.

sorella Roberta