Una distanza colmata

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8 marzo 2025

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 5,27-32 (Lezionario di Bose)

In quel tempo 27Gesù uscì e vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». 28Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
29Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla numerosa di pubblicani e di altra gente, che erano con loro a tavola. 30I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 31Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; 32io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».


La chiamata di Levi è emblematica e non a caso il lezionario ce ne propone il racconto all’inizio del cammino quaresimale. È un testo “stilizzato”, che delinea i tratti essenziali della sequela: l’iniziativa di Gesù, il distacco radicale, l’immediatezza della risposta, l’inizio del cammino.

Levi è un pubblicano che riscuote le tasse per conto dei Romani. I farisei e gli scribi consideravano persone come lui alla stregua di peccatori pubblici, da evitare in nome di un’ossequiosa pratica religiosa. Nei suoi confronti, invece, Gesù non ha il dito puntato, ma lo riconosce come uomo, lo vede in profondità e “scommette” su di lui. 

Chiamandolo alla sua sequela, lo invita innanzitutto a stare con lui, colmando la distanza che poteva separare un rabbi ritenuto autorevole da colui che probabilmente non avrebbe mai immaginato di trovarsi al centro della sua attenzione. Ma così è l’agire di Dio, che in Gesù va incontro alle pecore perdute di Israele, ne ascolta il grido, le raggiunge là dove si trovano. 

Anche il racconto della chiamata di Pietro e dei primi discepoli, che precede di poco il nostro brano, presenta una distanza che viene superata. Là è Pietro che legge l’abbondante battuta di pesca come evento di rivelazione del Signore e avverte tutta la sua indegnità: “Signore, allontanati da me, che sono un peccatore” (Lc 5,8). Una distanza che Gesù percorre innanzitutto parlandogli e incoraggiandolo (“Non temere”) e poi dischiudendogli un cammino e un compito nuovi. In quel “lasciare tutto” di Pietro e dei suoi compagni c’è il fare spazio alla promessa del Signore da parte del discepolo, che guarda con lucidità alle proprie debolezze e ai propri limiti, ma sa che questi sono superati dallo sguardo amante e pieno di fiducia che il Signore posa su di lui.

Tutto può cambiare in colui che si percepisce oggetto di un’attenzione e di una fiducia incondizionata; non si rimane indifferenti, si risponde all’amore. Così è stato per Levi che invita Gesù a casa sua e gli prepara un grande banchetto. Vi partecipano numerosi pubblicani e le guide religiose giudaiche rimangono infastidite dall’atteggiamento di Gesù e dei suoi discepoli e iniziano a mormorare: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». È mai concepibile che chi pretende di essere l’inviato di Dio si faccia commensale di questa gente? Ma per Gesù frequentare i peccatori non è un fatto accidentale e rivela le ragioni della sua venuta: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano». 

“Perché si convertano”: è un’annotazione propria di Luca, cui preme ricordare che la necessità della conversione resta un punto fermo. Non c’è sequela senza conversione. L’incontro con il Signore produce un cambiamento, e Levi lo attesta apprestando una tavola ospitale, creando così uno spazio di comunione e di apertura all’altro: “Non consiste forse il digiuno nel condividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i poveri e i senzatetto, nel vestire chi vedi nudo, senza distogliere gli occhi dai tuoi cari?” (Is 58,7-8).

fratel Salvatore